Riflessioni...sulla democrazia


ATENE E LE SCELTE DELLA DEMOCRAZIA
Faccio riferimento all’articolo apparso sul Sole 24ore di venerdì 4 novembre, dal titolo “Atene e le scelte della democrazia” di L. Guiso e M. Morelli.
Desidero avanzare alcune osservazioni, sulle prese di posizione degli autori sul concetto di democrazia nel moderno modello “rappresentativo”. Prese di posizione che, proprio perché di natura “filosofica”, ritengo rivestano un ruolo cruciale nell'interpretazione dei fatti sociali ed alle quali, pertanto, sento di dover rispondere sulla base dei principi propri della logica. E’ mia unica intenzione evidenziare il “messaggio” subliminale sui principi democratici che l’articolo contiene che, tenuto conto della crisi in cui versa il modello democratico occidentale, ritengo sia estremamente importante.

Gli autori, a sostegno della tesi secondo cui “la proposta di Papandreu, di consultare i cittadini greci con un voto referendario, possa costituire un contributo positivo ad una situazione drammatica” affermano che: “Papandreu, come qualunque altro primo ministro che si rispetti, ha – deve avere – piena coscienza della proprietà delle misure e ne capisce l’importanza e le conseguenze benefiche per l’equilibrio economico del paese”. Questa prima tesi, sembrerebbe implicare l’attribuzione (honoris causa) alla carica istituzionale di “primo ministro” (almeno a qualunque primo ministro che si rispetti) delle caratteristiche di intelligenza e avvedutezza. Caratteristiche che, evidentemente, mancherebbero al resto della collettività. A cosa servirebbe un primo ministro in una società composta unicamente da individui colti e coscienti?
Ed in effetti, gli stessi autori continuano affermando: “Ma i cittadini non sono primi ministri e non tutti sono in grado di ragionare calandosi nei panni di Papandreu. Forse alcuni sì, ma la maggior parte no.”
Ora supponendo che gli autori intendessero affermare che l’essere intelligente e avveduto dovrebbe essere caratteristica di qualunque primo ministro (che si rispetti), potremmo dedurre che i cittadini (elettori) dei paesi che non hanno un premier “che si rispetti”, hanno commesso un qualche errore di valutazione. Errore che (escludendo la fraudolenza) non può che dipendere dalle capacità di giudizio e valutazione degli stessi cittadini-elettori; capacità di giudizio e valutazione che implicano un certo grado di intelligenza e di avvedutezza.
Pertanto, ci troveremo a concludere che la Grecia si ritrova ad avere un Premier “che si rispetti” per puro “caso”. Altrimenti, come avrebbe potuto un popolo per la maggior parte composto da stolti e incoscienti, eleggere un primo ministro “che si rispetti”? Il fatto che la Grecia si ritrovi con le finanze pubbliche disastrate, del resto, dimostrerebbe l’assunto. Il popolo greco, secondo le sue caratteristiche, avrebbe eletto, in passato, premier tonti e incoscienti! Il ragionamento, estendibile a tutti i paesi in crisi, condurrebbe a concludere che la crisi del debito sovrano sia derivata dalla “normale” circostanza per cui tutti i paesi abbiano contemporaneamente, e per un certo periodo di tempo, eletto premier “non all’altezza” e che adesso, per una circostanza non ben precisata (il caso), si ritrovino a poter contare su premier in grado di risolvere la situazione grazie alla loro intelligenza e avvedutezza.
E ancora, supponendo che gli autori intendessero affermare che l’essere intelligente e avveduto sia caratteristica necessaria a qualunque primo ministro “che si rispetti”, e che Papandreu lo sia, non vedo alcuna ragione per cui sia possibile affermare che l’ostilità del popolo greco alle misure di austerity dipenda dal fatto che “non tutti sono in grado di ragionare calandosi nei panni di Papandreu”. A ben vedere, l’unica ragione per la quale quest’immedesimazione non risulti possibile, è correlata alla non coincidenza del soggetto che assume la decisione rispetto a quello che ne trarrà il beneficio o ne sopporterà i costi, piuttosto che nella capacità di giudizio dell’elettore o dell’eletto. Questa circostanza, però, conduce alla inversione dei termini dell’analisi e, quindi, a una conclusione diversa. Ossia, che le difficoltà del popolo greco nel sopportare e supportare le misure di austerità (siano esse promosse dal premier o “calate da fuori”) dipendano dall’incapacità di Papandreu (o chi per lui) di ragionare calandosi nei panni dei greci. (Circostanza, questa, che potrebbe apparire normale data la distanza intellettuale che separa il premier dai cittadini).
A ben vedere, sarebbe più corretto parlare di “impossibilità” di ragionare calandosi nei panni dei greci.
In effetti gli autori continuano affermando: “I cittadini (ed elettori) greci vedono il problema che investe il loro paese ma principalmente vedono il loro problema e ignorano quello degli altri. Delle misure di risoluzione della crisi vedono il costo che loro devono sopportare ma non sono in grado, diversamente da Papandreu, di calcolarne e verificarne i benefici personali e collettivi.”
Quest’ultima affermazione pone un interrogativo determinante. Su quale base (filosofica, teorica o empirica) è possibile affermare che una sola persona (o un ristretto numero di persone) sia in grado di calcolare e verificare i benefici personali e collettivi, meglio di quanto non possano fare 11,319 milioni di cittadini greci?
Gli stessi autori tentano di individuare la soluzione, citando uno studio apparso su Science un paio d’anni fa. Secondo questo studio, una delle caratteristiche dei greci è “quella di essere dominati da una cultura che, più che in altri paesi, li porta ad anteporre la difesa degli interessi individuali a quella del bene collettivo…. i greci non solo non partecipano alla costruzione del bene comune ma, se possono puniscono quelli che lo fanno. Verosimilmente perché il buon comportamento dei pochi mette a nudo quello cattivo dei molti”.
Dunque, ancora una volta, sembrerebbe confermata la tesi secondo cui l’avere Papandreu quale primo ministro non può che essere dipeso dal caso. Come può un popolo che “antepone la difesa degli interessi individuali a quella del bene collettivo” convergere verso un Primo ministro che, relativamente alle azioni da porre in essere “capisce l’importanza e le conseguenze benefiche per l’equilibrio economico del paese”?
Sembrerebbe verosimile dedurre che i greci si siano sbagliati o siano stati indotti in errore! Un premier che “antepone la difesa del bene collettivo a quella degli interessi individuali”, non può in alcun modo “rappresentare” un popolo con una cultura inversa!

Ma è l’analisi che segue l’esposizione dei risultati dello studio appena citato il passaggio, a mio avviso, più inquietante dell’intero articolo.
Secondo gli autori, le caratteristiche individualistiche del popolo greco, evidenziate da uno studio di Science “suggerisce che catalizzare consenso intorno al pacchetto di misure che il governo dovrebbe adottare è estremamente difficile”….Questo per un leader politico è un problema”.
In altri termini, il problema che il “leader politico” deve risolvere è quello di catalizzare il consensointorno ad un provvedimento che i greci non condividono, date le caratteristiche culturali, e del quale gli 11,319 milioni di cittadini greci non riescono a “calcolarne e verificarne i benefici personali e collettivi”(nonostante essi debbano sopportarne i costi e goderne i benefici) mentre “Papandreu, che come qualunque altro primo ministro che si rispetti, ha – deve avere – piena conoscenza della proprietà delle misure e ne capisce l’importanza e le conseguenze benefiche per l’equilibrio economico del paese” riesce - grazie a queste qualità tipiche del Premier - a “calcolarne e verificarne i benefici personali e collettivi” (nonostante i costi e i benefici ricadranno, in ultima analisi, sul popolo greco).
Quindi, continuano gli autori, il referendum “era lo strumento scelto da un politico intelligente….per far percepire ai suoi concittadini…quello che essi ignorano”.

Ossia, in ultima analisi, il problema che un leader politico intelligente dovrà risolvere sarà quello di “manipolare” le opinioni di coloro che “rappresenta” invece di “esprimerle”.  
  
Il tema che gli autori involontariamente centrano senza mai citarlo, a proposito della crisi del modello democratico (quella della c.d. democrazia rappresentativa) che il mondo occidentale sta attraversando, è che essa altro non è se non l’ennesima manifestazione del fallimento del “costituzionalismo” ideato, tra gli altri, da Montesquieu. L’idea era quella di concepire una Costituzione quale “sistema di limiti” all’esercizio del potere (da cui il termine Costituzione limitante), con l’esplicito obiettivo di predisporre delle garanzie, per l’appunto costituzionali, alla LIBERTA’ INDIVIDUALE . Il modo in cui si realizzò quest’idea fu la separazione dei poteri. 
Il fallimento a cui mi riferisco non è “proprio” dell’idea, insita nel sistema costituzionale limitante, i cui obiettivi restano sempre validi, quanto dell’interpretazione tradizionale data al sistema stesso, che ha portato all’identificazione della democrazia con una particolare forma di “governo illimitato” e che ne ha, pertanto, posto in luce l’inadeguatezza degli “strumenti”. 
Se l’idea del Costituzionalismo si basava sulla necessità di “limitare” il potere, l’interpretazione universalmente accettata ne ha reso possibile una conciliazione con una interpretazione della democrazia secondo cui la “volontà della maggioranza non incontra alcun limite”. Se la costituzione rende possibile la formazione di “governi onnipotenti”, la sua funzione si riduce a rendere efficiente l’operato del governo stesso a prescindere dagli scopi che si prefigge di raggiungere.
Il tutto è reso evidente dal fatto che la funzione che essenzialmente gli organi rappresentativi si trovano a svolgere sia appunto quella di “mobilitare il consenso” e cioè, in ultima analisi, quella di “manipolare” le opinioni di coloro che rappresentano invece di “esprimerle”.
La “crisi economica” (che affonda le sue radici proprio nel sistema democratico-rappresentativo) mette in luce l’incompatibilità degli ideali propri della Costituzione (la libertà individuale) con il modello democratico che ne è derivato: dipendenza della “giustizia” dagli interessi personali, il conseguente uso della legislazione per raggiungere particolari risultati a favore di specifici gruppi o persone, fusione nei medesimi organi istituzionali del compito di proclamare le norme di condotta del governo e direzione dello stesso.

Mi assumo piena ed esclusiva responsabilità delle conclusioni della catena logico-deduttiva utilizzata, sottolineando che non intendo in alcun modo affermare che quanto dedotto sia quanto volontariamente gli autori intendessero esprimere.



STRATEGIE MEDIATICHE SALVA STATO-BUROCRAZIA
Nei momenti di Crisi, la gente è in difficoltà...ed è quanto mai ricettiva nella ricerca del capro espiatorio e della "soluzione migliore" ai problemi che stanno affrontando. 
La crisi economica, culturale e morale degli anni ’70 si ripresenta adesso amplificata!
Il primo problema, che i governanti a corto di idee devono risolvere al più presto, è quello di individuare delle nuove "figure" (una nuova Thatcher o un nuovo Reagan) che, pur attaccando verbalmente lo Stato, ne saranno im realtà salvatori...almeno nel breve-medio periodo.

Il salvataggio dello Stato-interventista, individuata la "persona giusta", richiede  in ogni caso la messa in atto della solita e collaudata strategia:
1) Falsi bersagli.
Si tratta di spostare la critica e le recriminazioni dallo Stato ad altri bersagli. Quali?
a) La Chiesa, che occorre rappresentare come un potere straniero, dotato di ricchezze enormi e che gode di privilegi inaccettabili in una situazione in cui il popolo italiano patisce e soffre.
b) Le Cooperative rosse, che non pagano le tasse.
c) Gli extra-comunitari che tolgono il lavoro agli italiani e utilizzano a sbafo tutti i servizi.
d) E, perché no, anche le Banche a cominciare dalla Banca d’Italia che succhia il sangue degli italiani attraverso il meccanismo del signoraggio.
2) Soddisfare bassi istinti.
Il successo dell'attacco ai falsi bersagli, è possibile solo nella misura in cui le capacità di selezione e vaglio 'critico' dell’informazione sono (quasi) inesistenti nella massa scolarizzata dallo Stato. Per cui determinante sarà continuare a controllare i mezzi di comunicazione e di formazione e far passare, attraverso di essi, messaggi che stimolino i più bassi istinti, presentandoli come i sentimenti più nobili:  la rabbia contro alcune organizzazioni non statali diviene sacrosanta indignazione; l’invidia diventa richiesta legittima di uguaglianza; lo sciovinismo e il razzismo come manifestazioni di amor di patria e amor di società ecc...
3) Creare belle illusioni.
Bisogna convincere tutti che il potere dello Stato, rinnovato nel pensiero e nell’azione, è finalmente capace di risolvere i problemi di tutti.
La capacità di illusione è fondamentalmente legata alla capacità di utilizzare le parole 'appropriate' al momento 'opportuno'.
In Italia per venti anni Berlusconi ha illuso la maggioranza degli italiani nel nome di una rivoluzione liberale e Bossi nel nome di un cambiamento in senso federale. Quindi...basta poco per prendere in giro gli italiani!
Un nuovo Reagan, ad esempio, saprà utilizzare un 'vocabolario' in cui la parola proprietà privata sarà messa sapientemente in luce.
A quel punto i governanti statali svenderanno, letteralmente, mari e monti (che a loro non appartengono) per ripianare il buco dello stato (che essi hanno generato), ricevendo il plauso di molti che vedranno in ciò un ritirarsi dello Stato. Purtroppo, come il crollo dell’Unione Sovietica non ha significato in Russia la scomparsa delle mafie statali e parastatali, così è bene non farsi troppe illusioni sulla fine delle cosche.

Lo Stato-interventista e ilimitato, quindi, ha ancora molte carte da giocare. Le notizie sulla sua morte imminente sono grandemente esagerate. Spalmando i debiti su tutti in tutta Europa (emissione di eurobonds), spremendo categorie e istituzioni a cui è rimasto ancora qualcosa da espropriare, vendendosi la Torre di Pisa e il Colosseo (oltre a tutto il resto), allo Stato rimane ancora un margine di manovra da non sottovalutare. Dopo di che, raschiato il fondo del barile, allora sarà, probabilmente, veramente la fine.
In ogni caso, uno Stato non si estingue definitivamente se altre realtà organizzative non sono pronte, con i loro progetti alternativi già avviati, ad occuparne lo spazio. E qui le note sono piuttosto dolenti. Non c’è in Italia e nel resto d’Europa, nessun movimento o rete di individui ben organizzati e di vasta portata che abbia messo in cantiere progetti seri per una realtà post-statale.
Detto ciò bisogna riconoscere che esiste una variante importante che sconvolge tutto, e fa sì che non sembri possibile una ripetizione dello scenario degli anni ’70 quando lo Stato a sovranità monopolistica territoriale riuscì, attraverso la Thatcher e Reagan, a darsi altri 30-40 anni di vita. E' la variante costituita da Internet e dalla possibilità, per molti individui che elaborano nuove idee, di farle circolare in maniera istantanea e a livello globale. Questo fa sì che i tempi di comunicazione siano notevolmente raccorciati e le possibilità di contagio di idee, micidiali per la sopravvivenza dello Stato-interventista, notevolmente rafforzate.
Per questo rimango abbastanza fiducioso sul fatto che lo Stato finirà tra i ferrivecchi della storia invece di trascinare tutti in una decadenza senza fine. Ma perché questo accada realmente l’impegno, lo spirito critico, l’assenza di preconcetti, la progettualità e l’energia di tutti coloro che desiderano la liberazione sono, non solo necessari, ma assolutamente indispensabili.


LO SCHEMA PONZI
Circola sul Web…un documento che racconta agli Italiani…di una frode contabile da parte dell’INPS, rea di pubblicare conti falsi...col fine di «mettere le mani su soldi nostri. Di lavoratori. Insomma di poveri. Una patrimoniale all'incontrario».
Il documento spulcia e analizza i “veri” numeri della previdenza sociale e arriva a dimostrare che l’INPS sia in “avanzo” invece che in “deficit”…come sostenuto dalla CASTA…e che l’età media di pensionamento non sia così distante dalla media Europea….se non addirittura migliore!
Ora…già non mi è chiaro il motivo per cui essere vicini o lontani ad una “media” di altri paesi possa essere di per sé un indicatore di maggiore o minore “virtuosismo” (se tutti rubano e io, in media, rubo un po’ meno…vuol dire che sono un po’ meno ladro…o addirittura onesto? non merito una punizione ma vado premiato?)
Ancor meno chiaro mi è il calcolo che l’autore propone. Non sto dicendo che i conteggi siano sbagliati…o che lo sia la conclusione…ma la matematica finanziaria non è il mio forte!

In ogni caso…essendo «Difficile, per un profano, far fronte alla marea montante degli opinionisti»…ho pensato fosse utile chiarirmi le idee e ho fatto qualche ricerca su internet. Ho scoperto che su Wikipedia è possibile consultare DUE voci che spiegano in dettaglio il sistema pensionistico italiano.
Una la troviamo digitando la parola Pensione. Il documento fornisce le definizioni, la storia, i risvolti sociali ecc…molto istruttivo…ma non ho ancora capito il PROBLEMA!

Provo a digitare la parola Schema Ponzi.
Chi è Ponzi? e sopratutto...cos’è lo schema Ponzi?
«Lo schema di Ponzi… è un modello economico di vendita truffaldino che promette forti guadagni alle vittime»…e funziona solo a patto che i nuovi "investitori", a loro volta vittime della truffa, aumentino nel tempo.
Cioè?
…facciamo un esempio…la promessa di Ponzi...
Carlo (Charles) Ponzi, nato a Parma nel 1882, emigrato negli Stati Uniti nel 1903, divenne "celebre" per il suo schema di finanziamento piramidale che, nel 1920, lo portò a raccogliere circa 15 milioni di dollari.
Ponzi prometteva guadagni fuori dal comune su un investimento: avrebbe pagato ai creditori il 50% di interessi in soli 45 giorni. Dietro questa fantastica promessa non c’era alcuna attività produttiva reale. Ponzi, però, aveva un’idea molto fruttuosa…e, diceva, che se solo avesse raccolto abbastanza soldi, tutti ne avrebbero tratto vantaggio; l’idea che pubblicizzava era quella di comprare francobolli nei paesi in cui costavano meno e rivederli dove costavano anche 5-10 volte di più. Il Ponzi stette molto attento nel rispettare i patti: pagò quanto pattuito, con i soldi raccolti dai successivi “investitori” e…man mano che aumentavano i prestatori di soldi… (rassicurati i primi prestatori, dal fatto di aver ricevuto gli interessi promessi…il passaparola attrasse un sacco di gente!)…aumentavano i fondi con cui Ponzi era in grado di pagare gli interessi, prelevando dai fondi versati da nuovi investitori...rispettando scrupolosamente la sua promessa.
Il passaggio di soldi da Mr. Jones a Mr. Smith continuò fino a quando l'ammontare di interessi da pagare non superò le entrate da nuovi finanziamenti. In pochi giorni la piramide crollò e chi ne pagò le spese furono i circa 40 mila “avidi” creditori. Come risultò dai libri…Ponzi aveva comprato 2 francobolli.
Lo schema di Ponzi si è sviluppato nel tempo in varianti più complesse, pur mantenendo la stessa base teorica e continuando a sfruttare l'avidità delle persone. Un caso divenuto famoso recentemente è la truffa "Madoff"...condannato a 150 anni di carcere!

e…la promessa dello Stato...
Una delle varianti meno note…è quella del sistema pensionistico Italiano…dove i contribuenti (i creditori) sono “obbligati” a versare i fondi all’Inps (Ponzi)…dietro la promessa di una vita “decorosa” in età pensionistica (la promessa di forti guadagni). Quando l’ammontare degli interessi (la pensione da pagare) supera le entrate (i contributi obbligatori!)…e/o il numero degli investitori (chi è in età di lavoro e versa il contributo) non aumenta nel tempo (sono meno dei pensionati)…non resta che pagare gli interessi in “perdita”. Ma quando i soldi per coprire le perdite finiscono…non resta che: trovare un modo per aumentare il “fondo” da cui attingere per continuare a pagare gli interessi….oppure…convincere a versare maggiori fondi (coercitivamente) oppure…non tenere fede alla “promessa”…oppure una combinazione di tutte queste. Naturalmente lo Schema Ponzi-INPS non può crollare…è obbligatorio continuare a pagare!
Il fatto che, ad esempio, Monti abbia rilanciato l’idea di accorpare tutti gli enti pensionistici in uno solo, deindicizzare le pensioni…beh!… a questo punto…avete già capito!

E pensateci bene…la prossima volta che qualcuno vi dice di sparare a vista agli immigrati in cerca di un lavoro!


Nessun commento: