07 agosto 2011

Le origini della crisi economica: dal Bank Charter Act a Bretton Woods


"La storia si ripete sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa". (Karl Marx)

STUDIARE IL CICLO ECONOMICO (ossia i problemi delle espansioni e delle depressioni dell’intero sistema economico), non può certamente prescindere da una valida teoria del ciclo. Perché quest’ultima possa ritenersi soddisfacente, deve necessariamente essere integrabile in una più generale teoria economica. Rifiutare quest’integrazione equivale a rifiutare la stessa scienza economica. A livello scientifico l’unico controllo valido sulla correttezza di una teoria economica sta nella correttezza del ragionamento teorico, ossia nell’esame delle premesse e dello sviluppo del ragionamento logico-deduttivo.

Pertanto, non intendo usare i fatti storici per “testare” la validità della teoria economica adottata. Al contrario, sostengo con forza, che le teorie economiche non possono essere “testate” da alcun fatto storico o statistico.
La teoria economica studia la complessa rete di interazioni umane che culminano nello scambio. Queste interazioni, poste in essere da individui, non possono che essere ricomprese all’interno della più generale teoria dell’azione umana. Di conseguenza, lo studio dell’economia si risolve e deriva dalla libera scelta degli individui.
I fatti storici, in quanto fatti sociali complessi, non possono essere usati per verificare una teoria (come invece accade nel campo della fisica dove i fatti sono controllabili e isolabili nel laboratorio scientifico).
Una moltitudine di fattori causali interagiscono l’uno con l’altro nel determinare i fatti storici. Solo teorie causali a priori rispetto a questi fatti possono essere usate per isolare e identificare gli elementi causali. La circostanza che una teoria sia applicabile o meno ad un certo caso non influisce sulla validità o meno della teoria. L’unico banco di prova, come detto, è la correttezza delle premesse e della catena logico-deduttiva del ragionamento che sviluppa.
Alla ricerca delle cause della crisi economica attuale, cercheremo di analizzare alcuni eventi storici, facendo ampio ricorso agli strumenti messi a disposizione dalla teoria economica generale.
Prendendo in considerazione i movimenti dell’intero sistema economico (e non le fluttuazioni che riguardino uno o più settori) concluderemo che le fasi di espansione e depressione sono necessariamente trasmessi al mercato attraverso il mezzo di scambio generalmente accettato: la moneta. Essa, infatti, costituisce il legame che unisce le diverse attività economiche. In particolare, è l'arbitraria creazione di moneta “virtuale” (con particolare riferimento al credito bancario) e la conseguente "distorsione" delle informazioni (il sistema dei prezzi) vitali per un efficace ed efficiente sviluppo dell'economia di mercato che, privando delle "condizioni di mercato" il sistema c.d. capitalistico, ne crea i presupposti per l’ennesima fase depressiva dalla portata ancora difficilmente valutabile.
Quello cui il mondo assiste in questi giorni ricorda da vicino quanto gli storici ci raccontano della "grande depressione" del 1929. Crollo delle borse mondiali, disoccupazione in costante crescita, sovrapproduzione, default del sistema finanziario e bancario, fallimenti e crisi di aziende del settore industriale. Si moltiplicano gli episodi di disordini sociali e rivolte popolari - nei paesi arabi - e in qualche paese europeo, emergono prepotentemente i segnali di una sempre più fragile coesione sociale e una crescente xenofobia. La crisi dei debiti sovrani è, invece, un elemento di novità, ma la chiave di lettura della fase recessiva del ciclo economico è come sempre la "fiducia". Nel terzo anno successivo all'esplosione della crisi, è diventata convinzione, piuttosto diffusa, che la questione monetaria possa essere trattata separatamente dalla questione economica di ciascun individuo o gruppo sociale. Si considera cioè la moneta, e la gestione monetaria centralizzata, come ambito fondamentalmente neutrale rispetto alle questioni riguardanti la struttura produttiva. A sostenere quest'impostazione è, tra gli altri, la "Moderna Teoria Monetaria", secondo la quale a fronte dell’indefinita possibilità di creazione di moneta dei governi (attraverso le Banche centrali) nessuno Stato potrà mai fallire. La "vera" ricchezza non si crea per decreto o attraverso una scrittura contabile del sistema bancario; se così fosse non esisterebbe alcun problema economico. Se la crisi fosse solo di natura finanziaria, potrebbero bastare le politiche di aggiustamento finanziario che sono già in atto. La ricchezza è il risultato della funzione imprenditoriale, all'interno di una struttura produttiva sostenibile, opportunamente governata e regolamentata, fondata sul risparmio reale. L'utilizzo e la creazione di denaro virtuale a discrezione del "gestore centrale" (l'ultimo organo di "pianificazione centrale" ancora operante nell'economia di mercato) distorce sia il calcolo della misura della ricchezza sia, cosa più importante, la creazione della ricchezza stessa.
"Meno male che la popolazione non capisce il nostro sistema bancario e monetario, perché se lo capisse, credo che prima di domani scoppierebbe una rivoluzione." (Henry Ford)

Nel 1844, nel Regno Unito fu approvata la “Bank Charter Act” (o “Peel’s Bank Act”). La legge bancaria, proposta dal premier R. Peel, plasmò le caratteristiche di un sistema bancario che dalla Gran Bretagna si diffuse in tutto il mondo e i cui tratti salienti si ritrovano ancora oggi nell'attuale sistema creditizio mondiale.
All'epoca, nel Regno Unito, leader economico mondiale, prendeva avvio la rivoluzione industriale e il sistema monetario "aureo" si era già affermato. Si osservavano periodicamente cicli, sempre più ricorrenti, di espansione e crisi che si ripetevano con particolare violenza. Alle bolle speculative seguiva il panico bancario e finanziario che a sua volta dava origine ad una recessione economica.
I sostenitori della teoria della Currency School conclusero correttamente che l'origine dei fenomeni ciclici era da attribuire ai "privilegi" che caratterizzavano le modalità con le quali le banche gestivano la loro attività. (Se un soggetto economico, non bancario, emettesse certificati di deposito di una qualsiasi merce, in quantità superiore a quanto effettivamente depositato dai clienti commetterebbe, secondo i casi, una frode, un’appropriazione indebita, una falsificazione di documento o un delitto contro la fede pubblica.)
A questa scuola di pensiero si contrapponeva quella della Banking School (cui apparteneva la maggioranza dei banchieri che tentavano di consolidare il privilegio ormai acquisito) secondo la quale l'espansione del credito si rivelava essere molto vantaggiosa per lo sviluppo economico.
In Gran Bretagna le banche erano "private" e potevano operare con il lucrativo privilegio della "riserva frazionaria". Erano cioè autorizzate ad emettere cartamoneta (o banconote, bank-notes), certificati attestanti il danaro depositato in banca (all’epoca il danaro era l’oro). Quest'attività si affiancava all'attività bancaria tradizionale, l'emissione di prestiti a fronte di un deposito in essere presso la banca (moneta scritturale). L'aspetto interessante è che entrambe le attività potevano essere svolte senza alcun obbligo di copertura totale. In altre parole le banche potevano emettere banconote, o prestiti, in quantità superiore al denaro effettivamente depositato presso la banca stessa (l’oro o l’argento). 
Le nuove banconote, in eccesso rispetto alle riserve, venivano stampate e prestate agli imprenditori. Nel giro di poco tempo, l'espansione artificiale del credito così generata a sua volta provocava nel sistema economico euforia, l’illusione di un’apparente prosperità.
L'iniezione di queste dosi addizionali di credito/moneta non si realizzava uniformemente a favore di tutti gli operatori del mercato.
David Hume si era posto il problema, in altri termini, molto tempo prima (1742). Cosa succederebbe, si chiedeva Hume, se domani tutti i sudditi del Regno Unito si ritrovassero con il doppio delle sterline rispetto alla sera prima? Sarebbero più ricchi? Assolutamente No! Semplicemente, in breve tempo, i prezzi aumenterebbero lasciando il livello di benessere invariato.
In questo contesto, di importanza cruciale è l’argomento della redistribuzione del reddito, un argomento invece tralasciato dalle interpretazioni più diffuse, di cui ci occuperemo più avanti.
Come possiamo facilmente intuire, i primi a ricevere i prestiti bancari (creati dal nulla) potevano disporre di un potere d'acquisto (creato dal nulla) maggiore rispetto ai successivi beneficiari della lunga sequenza di passaggi del nuovo denaro (creato dal nulla). I successivi prenditori delle dosi addizionali di massa monetaria, immessa nel sistema dalle banche attraverso i processi di mercato, saranno infatti colpiti solo a poco a poco, in maniera crescente e in proporzioni differenti, dall'aumento dei prezzi, sia dei beni di consumo sia dei beni di capitale. 
Questo processo danneggia soprattutto chi, dipendendo da un reddito fisso, trae maggiore beneficio da un potere d'acquisto del denaro relativamente stabile o crescente.
Perdurando lo stato di fiducia generalizzata, i problemi restano asintomatici. Tuttavia, a seguito della perdita di competitività nei confronti dei partner commerciali europei (dovuta alla crescita del livello interno dei prezzi in Gran Bretagna) indotta all'inflazione generata dall'euforica emissione di mezzi fiduciari di pagamento, buona parte della nuova moneta britannica è finita nelle mani dei mercanti europei che esigevano il pagamento "fisico" in oro. 
Al sopraggiungere della crisi, le istituzioni marginalmente più esposte venivano travolte dalle prime corse allo sportello. Le istituzioni marginalmente meno esposte contraevano repentinamente la concessione di nuovi prestiti nel tentativo di ridurre l’emorragia di riserve. L'effetto sistemico era inevitabile e la perdita di fiducia si propagava molto velocemente. Bisognava trovare una soluzione alla crisi che investiva il settore bancario. In sintesi:
1.                  quando il trend cambia, ed emerge una perdita di fiducia, i depositari si recano in banca per ritirare il proprio danaro (oro) o per incassare i "biglietti coperti" da oro al 100%;
2.                  le banche non dispongono del danaro per soddisfare le richieste di restituzione, avendo emesso banconote in misura eccedente i depositi;
3.                  i banchieri chiedono ai governi che venga creata un’istituzione in grado di supportarli nei momenti di difficoltà, quello che oggi si chiama un "prestatore di ultima istanza";
4.                  nasce la Banca d'Inghilterra;
5.                  la Banca d'Inghilterra, per poter svolgere il suo ruolo di salvataggio, ha bisogno di poter generare la liquidità necessaria, ma non può "generare oro o argento"; esige pertanto che, attraverso le istituzioni politiche, sia obbligatorio per tutti gli agenti economici accettare, come mezzo liberatorio di pagamento, la cartamoneta bancaria emessa dalla banca centrale in alternativa all'oro (nasce la moneta fiduciaria o a corso legale).
6.                  il sistema finanziario è salvo!
Eppure nonostante le analisi della Currency School finirono per essere accettate dal parlamento, la vittoria fu solo parziale. Il "compromesso politico" raggiunto fu che, dalla data di approvazione della Peel’s Bank Act, venne proibita la sola emissione di banconote senza una riserva reale che garantisse una copertura al 100%, ma non la creazione di depositi (prestiti) che continuarono ad essere generati senza alcun vincolo di copertura.
Il sistema, allora congegnato, nonostante le distorsioni create all'economia reale e le veementi crisi successive ai periodi espansivi, è arrivato nella sua sostanza ai nostri giorni. Sull'esempio della Gran Bretagna, infatti, tutti i paesi a poco a poco si conformarono a regole analoghe.
Nel 1871 il sistema aureo venne adottato dai quasi tutti i paesi del mondo. Con l'inizio della prima guerra mondiale, nel 1914, il sistema venne abbandonato da tutti i paesi coinvolti nel conflitto, ad eccezione degli USA, con il fine di "creare" le risorse monetarie necessarie a finanziare la guerra. La riduzione sotto al limite del 100% della riserva aurea, servì a "generare" l'incremento della base monetaria necessaria alle spese belliche, evitando di dover ricorrere ad una pesante manovra fiscale restrittiva "esplicita". L'aumento virtuale della base monetaria generò iperinflazione ed un considerevole aumento del debito pubblico. La banca centrale, infatti, aumentava la disponibilità della moneta allo Stato a fronte di emissione di titoli pubblici. La "nuova" moneta era poi trasferita dallo stato all'industria militare che s’impegnava a reinvestire parte dei profitti in titoli di Stato. Dopo qualche tentativo di restaurazione del sistema aureo, nel 1931, anche per finanziare la ripresa a seguito della depressione del 1929, il sistema venne nuovamente abbandonato.
Nel 1944 il sistema aureo venne nuovamente adottato, in una forma singolare, con gli accordi di Bretton Woods. Il 12 luglio del 1944 sarà ricordata, nella storia, come la data che sancisce definitivamente la leadership economica degli Stati Uniti sul resto del mondo. A Bretton Woods sarà infatti sancita la convertibilità di tutte le valute in dollari americani, che a sua volta sarebbe stata l'unica valuta convertibile in oro. Il dollaro sarà così eletto a valuta principale negli scambi internazionali. Con gli Accordi di Bretton Woods sarà istituito anche il Fondo Monetario Internazionale (FMI). Agli inizi degli anni settanta, circa l'80% delle riserve valutarie di tutti gli stati del mondo erano costituite da dollari americani.
Nel 1971 gli Stati uniti, unilateralmente, aboliranno definitivamente la convertibilità del dollaro in oro, creando il sistema monetario fluttuante moderno.
La quantità di moneta in circolazione, nella misura in cui non è legata al possesso di riserve reali, azzera la tutela del sistema socio-economico contro il rischio di un'eccessiva emissione (abuso) e dell'inflazione (o instabilità dei prezzi) che questa inevitabilmente comporta, sia nei casi in cui l'emissione si gestita direttamente dal potere politico sia nei casi in cui l'emissione si gestita da istituti privati di diritto pubblico.
Il sistema monetario mondiale disegnato a Bretton Wood, come poi modificato nel 1971 su iniziativa di Nixon ed arrivato ai giorni nostri, si basa sull'attribuzione della gestione dell'emissione alle Banche centrali che, contrariamente a quanto si potrebbe ritenere sono, a parte qualche rara eccezione di proprietà privata. Al capitale della BCE (Banca Centrale Europea), ad esempio, partecipano le Banche Centrali Nazionali dei paesi dell'area euro che, a loro volta, sono di proprietà privata. Tra gli azionisti della Banca d'Italia, ad esempio, figurano, tra gli atri, Intesa San paolo S.p.A., Unicredit S.p.A., Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A., ecc... Di stessa natura è la composizione dell'azionariato della FED (Federal Reserve System).
Attraverso il meccanismo della moneta fluttuante, le Banche centrali "creano" (dal nulla) una base monetaria con valore pari a quello facciale della banconota (o del credito concesso), con la quale finanziano le Banche ordinarie che ne facciano richiesta, attraverso l'acquisto di attività finanziarie (titoli pubblici) detenute dalle banche stesse. In questo modo le Banche ordinarie ottengono ulteriore "liquidità-depositi" a fronte della quale potranno, utilizzando il meccanismo della riserva frazionaria, emettere nuovi prestiti e in ultima analisi aumentare la base monetaria del sistema economico.
Nell'attuale configurazione, la "creazione" di moneta è, pertanto un debito per la Banca centrale (che in contropartita accende un credito verso il richiedente o riceve i titoli che iscriverà tra le sue attività), cui corrisponde credito per le Banche ordinarie (che in contropartita iscriveranno un debito verso la Banca centrale); la moneta verrà messa in circolazione in forma di debito per l'operatore economico (nei confronti della Banca ordinaria), sia esso un cittadino privato, un'impresa o lo Stato.
Questo meccanismo, fondato sulla "fiducia", in quanto slegato da una "riserva reale" o dalla reale produzione di beni-servizi, ha consentito un volume di "spesa" di molte volte superiore a quella realmente sostenibile, al prezzo di un incontrollato aumento del debito pubblico e privato mondiale (con i conseguenti costi che il sistema sostiene per gli interessi dovuti ad ogni passaggio), oltre che di una marcata instabilità del livello dei prezzi. Dal 1971 ad oggi la quantità di dollari, ad esempio, è cresciuta in misura di gran lunga superiore al reale volume dei beni prodotti nel mondo.

Distribuzione del Debito Pubblico espresso in % del PIL

Nella seconda parte di questo percorso affronteremo l'analisi delle modalità con cui l'utilizzo della moneta flottante trasmette gli effetti sul sistema economico reale, ponendo l'accento sul processo della distribuzione del reddito, e sul meccanismo dei mutui "subprime" quale fattore scatenante ma non causa dell'attuale crisi economica mondiale.


Le origini della crisi economica: la politica monetaria e i mutui subprime


3 commenti:

Francesco Cigna ha detto...

Veramente pertinente a quanto sta accadendo oggi, mi chiedo allora perchè non si cerchi per via istituzionale di porre dei paletti nei mercati finanziari, ed inoltre sembra che alcuni organismi, ad esempio le famigerate agenzie di rating, siano nate apposta per favorire gli speculatori anzichè creare chiarezza nel mercato. Nessuno comunque sembra intenzionato a mollare l'osso, c'è un clima da "muoia Sansone con tutti i Filistei", non so se sfidare gli Stati Uniti sia una cosa sensata, non credo proprio resterebbero a guardare o a fare mea culpa se la situazione si aggravasse.
Tornare indietro senza creare un cataclisma finanziario è impossibile, se solo chi governa avesse usato i soldi ricevuti in prestito per spese produttive oggi parleremmo di nuova età dell'oro.

Alexandro Alù ha detto...

Francesco,
quella che hai espresso è un'opinione incontestabile, ed una perplessità legittima.
Premetto che mi rendo conto di come trattare problemi reali e drammatici (e ti assicuro che il dramma pesa sulla mia famiglia ogni giorno di più), come quelli che ci accingiamo a vivere, attraverso affermazioni che hanno il carattere della "teoria" potrebbe apparire mera retorica. Sono cosciente del fatto che "tornare indietro" potrebbe creare catastrofi economiche e sociali senza precedenti! Alla base del ragionamento che cerco di sviluppare ci sono tutte le soluzioni immaginabili, ad eccezione di una "rivoluzione" o di una sfida agli Stati Uniti che, a mio avviso, al netto di altre "intuizioni" belligeranti si troveranno a pagare il prezzo più salato della crisi in atto. I governi e banchieri centrali fanno di tutto per risolvere la crisi "convinti" che la crisi sia il problema. La crisi non è il problema. E' ciò che ha generato il boom che ha preceduto la crisi il vero problema! E le cause che, a mio avviso, ne hanno determinato l'esplosione sono da ricercare nella spropositata montagna di denaro "virtuale" che le autorità hanno messo in campo. Le manovre in atto non fanno altro che ripetere quanto fatto... aggravando la situazione. Infine, una domanda: chi dovrebbe porre i paletti? Le stesse autorità che oggi stanno continuando a stampare soldi? Perché non si riesce a immettere nel sistemai soldi "prodotti", per il tramite delle banche? Perché li stanno usando per tappare i buchi che la finanza selvaggia e un accondiscendente sistema contabile hanno generato? O perché il clima di sfiducia comincia a diventare pressante e si fa strada la paura della corsa agli sportelli? (Draghi sta insistendo tanto sulle capitalizzazioni) A me sembra piuttosto che siano tutti indaffarati a "prendere tempo" nella speranza che succeda qualcosa. Che cosa...proprio non saprei. Intanto i "paletti" che i regolatori hanno "imposto" richiamano alla mente il processo di "dissonanza cognitiva". L'espansione della base monetaria (e l'abbassamento dei tassi di interesse) al fine di stimolare l'economia non è compatibile con maggiori requisiti patrimoniali delle banche e ulteriori controlli degli organismi di vigilanza per monitorare il rischio sistemico! Non ha nessun senso economico e finanziario!

Alexandro Alù ha detto...

...il sistema è dominato da opportunismo, confusione, incompetenza, conflitto di interessi e avidità dal lato politico-istituzionale e tanta ignoranza dal lato indistriale-popolare!
Il tema vero è che chi ha il "potere" (auto-legittimato!)di fare un passo indietro per consegnare il sistema al "mercato" (opportunamente accompagnato nella prima fase di uscita dall'attuale spirale regressista) è lo stesso soggetto che dovrebbe rinunciare a tutti gli inimmaginabili privilegi che il sistema congegnato gli assicura (per se e per chi muove le fila!) Sarebbe come convincere Bolt ad andare in svizzera e praticare l'eutanasia!