"Gli speculatori possono essere innocui, se sono delle bolle sopra un flusso regolare di intraprese economiche; ma la situazione è seria, se le imprese diventano una bolla sospesa sopra un vortice di speculazioni. Quando l'accumulazione di capitale di un paese diventa il sottoprodotto delle attività di un Casinò, è altamente probabile che le cose vadano male." (John Maynard Keynes)
DESCRIVERE I PROCESSI DEL SISTEMA ECONOMICO di “libero mercato” sembra essere ancora oggi necessario, per acquisire la consapevolezza delle potenzialità destabilizzanti delle politiche economiche interventiste, seguite dalla maggior parte dei paesi cosiddetti “capitalisti”. Sarà pertanto opportuno, attraverso un’analisi logico-deduttiva, descrivere i processi attraverso i quali il fenomeno dell'incontrollata espansione creditizia e quello dell'opportunistica adesione, da parte degli economisti e dei policy maker, al fallace paradigma keynesiano siano alla base di gravi effetti distorsivi sull'economia reale; sulla struttura produttiva, sociale e, in ultima analisi, sulla creazione di ricchezza in seno alla società.
Uno degli argomenti tralasciati, a torto, nelle analisi delle cause dell'attuale crisi economica è quello del processo di formazione del risparmio e degli investimenti, e quello della re-distribuzione dei redditi. L'obiettivo che intendo raggiungere, è quello di collocare più compiutamente le “cause” e gli “effetti” della crisi.
Affermare semplicisticamente che la crisi abbia “natura” finanziaria implica che anche il rimedio debba esserlo. Risulta evidente che il successo del “rimedio” dipenderà dalla corretta sistemazione concettuale delle “cause” che hanno determinato gli “squilibri” economici.
L’attuale “crisi inflazionistica” ha rivelato brutalmente come la separazione teorica e concettuale della scienza economica in “micro” e “macro” economia, che fin dagli anni trenta ha fornito il supporto teorico all’interventismo, sia tragicamente e fatalmente inesatta. Fin dai tempi degli economisti classici, la teoria monetaria è sempre stata trattata separatamente rispetto alle analisi concernenti il resto del sistema economico.
Seguendo le indicazioni del sistema “scientifico” di equazioni simultanee e grafici a disposizione del policy maker, il Governo e le Banche centrali disporrebbero degli strumenti necessari (la politica fiscale e quella monetaria) per abolire facilmente l’inflazione e la recessione. Disporrebbero, cioè, degli strumenti utili a stabilizzare il sistema economico.
Quando l’economia scivola in recessione, al governo non resta che intervenire con opportune politiche fiscali (espansione della spesa) e monetarie (espansione della massa monetaria). Le politiche contrarie andrebbero adottate quando l’economia diventa “inflazionistica”. Cosa fare quando l’economia soffre nello stesso tempo di inflazione e depressione? La teoria “convenzionale” non è in grado di affrontare coerentemente la questione, salvo tentare la costruzione di apposite teorie parziali da un insieme di dati statistici.
Ora, nonostante tassi di interesse reali prossimi allo zero (in alcuni casi negativi), dopo due imponenti manovre di “quantitative easing” (creazione di moneta da parte della Banca Centrale e immissione nel sistema economico attraverso operazioni di acquisto titoli) portate a termine negli Stati Uniti, due nel Regno Unito e quelle Giapponesi, le condizioni del sistema economico non sembrano per niente migliorare. Sembra che il sistema economico si trovi nella “trappola della liquidità” (crisi di fiducia che neutralizza l'influenza della politica monetaria sull'economia reale) teorizzata da Keynes. Seguendo, in linea di principio, gli indirizzi di politica economica di Keynes, questa sarebbe la condizione “ideale” (da manuale, sarebbe anche l'unica) per un massiccio intervento pubblico attraverso politiche fiscali espansive: riduzione del carico fiscale e incremento della spesa pubblica. Ma, a causa dell'insostenibile livello raggiunto dal debito pubblico, tutti i paesi sono (finalmente) impegnati-obbligati in drastiche riduzioni della spesa pubblica, nella riduzione del debito pubblico stesso, e nell'aumento del carico fiscale. Esattamente il contrario di quanto Keynes prescriverebbe. Resta, pertanto, la sola leva monetaria. Dal canto loro, le Banche centrali, negli Stati Uniti e in Europa, hanno già annunciato ulteriori interventi di espansione monetaria. Un paradosso condiviso e sostenuto da tutti: economisti con tanto di premio nobel in bacheca, ministri delle finanze, partiti politici di ogni colore e, naturalmente, i Banchieri centrali. Da più parti, ormai, persa completamente la fiducia nell’economia di mercato, arrivano richieste di un radicale cambiamento in direzione di un’economia collettivizzata.
Lo stato delle cose è, però, insolubile se la teoria economica dominante continua a scambiare le cause con gli effetti. Alla domanda: “da cosa ha origine la crisi?”, la risposta più frequente è: dai mutui subprime. Risposta corretta ma incompleta.
“La teoria è quando si sa tutto e niente funziona. La pratica è quando tutto funziona e nessuno sa il perché. Noi abbiamo messo insieme la teoria e la pratica: non c'è niente che funzioni... e nessuno sa il perché!” (Albert Einstein.)