05 agosto 2011

Economia di mercato e liberalismo liberale



LA MAGGIOR PARTE DEI PAESI AL MONDO sta attraversando da qualche tempo una crisi economica, culturale e morale, di proporzioni gigantesche.
Gli effetti, che la crisi inevitabilmente scarica sulla collettività, impongono una seria riflessione - e un confronto privo di infruttuose polemiche e inutili prese di posizione - sullo stato della teoria economica, e di quella sociale, alla base delle scelte di politica economica e di quelle di organizzazione e di governo della società.
Se il sistema capitalistico moderno è ormai prossimo al collasso, ritengo alta la probabilità che confusione, imprecisioni, conflitti di interesse, inadeguatezza della classe dirigente e del sistema di istruzione, nonché distorte valutazioni e applicazioni dei contributi teorici, possano esserne stati la causa. Allo stesso modo ritengo alta la probabilità che la riorganizzazione delle idee e degli strumenti a disposizione possa, sfruttando il primordiale istinto alla conservazione, condurre l'evoluzione del sistema economico mondiale verso percorsi socialmente più accettabili, rispetto a quelli attualmente intrapresi, e più virtuosi rispetto a quelli attuali.
L’evoluzione di ogni sistema sociale dovrebbe essere indirizzata al raggiungimento di un decente livello di benessere per ogni individuo che vi appartiene e, quando questo livello è abbastanza elevato, all'occupazione delle nostre energie nei campi della vita non attinenti alla sfera economica. Così abbiamo bisogno di ricostruire lentamente il nostro sistema sociale tenendo ben in mente tali finalità.


Non credo nella ‘superiorità’ del Capitalismo, almeno nella configurazione che ha assunto dopo la fine del primo conflitto globale, che ne ha, di fatto, decretato la scomparsa a favore dello Statalismo: è iniquo, anti-sociale, inefficiente e amorale.
Non credo nella superiorità della Democrazia rappresentativa, nella misura in cui pretende di assicurare l’ordine sociale sulla base di un piano, formulato e realizzato da un ceto politico, che si assume essere portatore di un sapere ‘superiore’. Nessun ‘Uomo’, ‘Consiglio’ o ‘Senato’ può dirsi depositario dell’intera conoscenza sociale o di una conoscenza ‘privilegiata e superiore’, che ne assicuri la capacità di direzione dei processi sociali.
Condivido il pensiero di quanti ritengono che il liberismo economico (l'economia di mercato), se sapientemente e accuratamente garantito all'interno di una cornice politica liberale, possa con ogni probabilità diventare il sistema più efficiente fra tutti quelli oggi teorizzati per il conseguimento di fini economici, e quindi sociali. Sono parimenti convinto che le crisi, poiché fenomeni permanenti e strutturali (e non puramente accidentali) dell'attuale sistema pseudo - capitalistico, non siano affatto insanabili, salvo restituire la libertà di azione e la relativa responsabilità delle scelte all’attore economico e sociale. L’uomo.


Si è venuto a creare un clima di diffusa ostilità nei confronti del ‘mercato’. Un clima alimentato da una sorta di collettiva alterazione cognitiva; l’illusoria presunzione di sottoporre tutta la società a un generalizzato dirigismo.
Mi propongo di mostrare la fallacità della credenza comune, secondo cui alla base della crisi ci sia il fallimento del ‘libero mercato’. Sarebbe come ricorrere a una sorta di ‘teoria cospiratoria della società’.

Ritengo che solo la presa di coscienza collettiva del fallimento intellettuale nello studio e nella diffusione della scienza economica e sociale, sia l’unico mezzo attuabile per evitare la distruzione completa dei sistemi economici e sociali esistenti, oltre che condizione necessaria per un funzionamento soddisfacente dell’iniziativa individuale in seno al corpo sociale.
Bisogna evitare di incorrere nello storico e fatale errore di addossare le responsabilità del cattivo funzionamento del sistema economico all’incapacità o all’inadeguatezza della classe dirigente[1] o alle cattive teorie economiche elaborate. Trovo sia bizzarro affermare che gli Stati, e le organizzazioni sociali in genere, siano guidati da sprovveduti o da incapaci. E’ piuttosto vero l’esatto contrario. Lo sforzo maggiore del mondo degli affari e di quello politico è stato, ed è tuttora, concentrato nell’organizzazione e nel controllo della cultura. Lo scopo di questo costante sforzo, consiste nel creare una sorta di ‘confusione intellettuale’ funzionale a favorire e radicare l’inversione delle opinioni comuni, circa gli interessi che sono propri delle classi dirigenti con gli interessi che sono propri della collettività nel suo complesso. E’ possibile ritenere che le proposizioni, le raccomandazioni e i suggerimenti degli intellettuali di tutti i tempi, dediti a fornire un contributo verso la formazione di società libere e sempre più prospere, siano stati opportunisticamente utilizzati in ‘negativo’, per la costruzione di un sistema sociale sempre più subdolamente ridotto alla condizione di ‘schiavitù’ e sempre più povero. La genialità consiste nell’averlo creato, organizzato e gestito con l’ingenuo sostegno popolare. L’ignoranza è il miglior alleato dei sistemi basati sulla coercizione, siano essi guidati da un unico individuo o da un ristretto numero di individui.     


Il compito di ogni persona che senta suo lo status di Cittadino, è quello di partecipare attivamente alla formazione della volontà pubblica, evitando di cadere nello storico errore di delegare la gestione degli affari pubblici ad altri individui, senza fissare preventivamente un quadro ‘costituzionale’ che assicuri forme di partecipazione e controllo sulle responsabilità di scelte distorte dal conflitto, naturale e inevitabile, tra interessi individuali (includendovi quelli di una parte, anche ampia, della collettività) e interessi collettivi. Il nostro problema consisterà, pertanto, nell'elaborazione di un'organizzazione sociale, che sia la più efficiente possibile, tenuto conto del nostro concetto di una condizione di vita soddisfacente.
La domanda che ci porremo, è se siamo pronti ad abbandonare lo stato del Capitalismo assistenzialistico (Statalismo) che ha caratterizzato il XX secolo per entrare in un’era di liberalismo liberale, intenso quale sistema in cui la collettività agisce come comunità organizzata verso interessi comuni, finalizzato alla promozione della giustizia sociale ed economica, rispettando e proteggendo l’individuo nella sua libertà di scelta, nella sua fede, nella sua mentalità, nelle sue espressioni, nel suo spirito d’iniziativa, e nella sua proprietà.


Lo scopo - ‘ambizioso’ - di questo lavoro vuole essere quello di cercare di dare coerenza e chiarezza alle principali conclusioni teoriche e filosofiche dell'economia politica e sociale, per tentare di dimostrare in che modo l'attuale condizione del sistema capitalistico sia stata causata da una lettura ‘distorta’ di quanto illuminati sociologi, filosofi ed economisti sono riusciti a produrre nel corso della storia moderna.
Se, e nella misura in cui, riusciremo nell'intento, il passo successivo sarà quello di individuare le conclusioni ‘teoriche’ da organizzare all'interno di un impianto teorico generale, che sia funzionale alla produzione di concreti strumenti di politica economica e sociale.
Nello svolgimento di questo lavoro, inevitabilmente, riprenderò diffusamente e ampiamente affermazioni e concetti di pensatori che hanno avuto una significativa influenza nella mia formazione. Cercherò, a scapito del carattere ‘modernamente’ scientifico di questo lavoro, di evitare per quanto possibile riferimenti a sterili statistiche e fredde formule matematiche che mal si prestano, a mio avviso, allo studio dei fenomeni sociali.
Nell'affrontare questo lavoro, la scelta del blog non è per nulla casuale. Il prezioso contributo che ogni interessato voglia lasciare, sarà di grande aiuto per affrontare un percorso tanto ambizioso quanto complesso.


[1] Useremo, convenzionalmente il termine generico ‘classe dirigente’ per indicare indistintamente gli esponenti della classe politica in senso stretto, quelli della classe imprenditoriale (industriale e bancaria) e qualunque soggetto (o gruppo di soggetti) in grado di esercitare una pressione in grado di influenzare e determinante le scelte di politica sociale, economica e monetaria. 

4 commenti:

simonegri80 ha detto...

decisamente ambizioso, ma interessante. sarò pungente (ma costruttivo) critico.

Alexandro Alù ha detto...

Allora sei il benvenuto!

Anonimo ha detto...

Saro' un tuo assiduo lettore...
Gaspare

P.S: Bello lo sfondo con i dollari.

Carlo ha detto...

Ci sono anche io...un ottimo spunto!